Dolomiti Lucane : trekking in una dimensione spazio-temporale

Esistono nel mondo diversi luoghi in cui, camminando, ci si chiede non solo “Dove siamo?” ma anche “In che epoca siamo ?”.

Questi luoghi esistono anche in Italia; in quell’Italia che con senso di apparente disprezzo viene chiamata “minore”.

In realtà il senso di “minore” non viene riferito alla qualità del luogo ma piuttosto a quei ritmi lenti, silenziosi, ripetitivi, antichi in cui ci si immerge.

E’ inevitabile incontrare in questi viaggi anche gli inconfondibili marchi della “civiltà” : auto, cellulari, internet.  Il bello è che, contrariamente a ciò che avviene nelle giungle cittadine, questi moderni intrusi non sono riusciti a sconfiggere lo spirito vitale che protegge tali luoghi.

Quando si parla di ritmi lenti, di antiche tradizioni, di inspiegabili contraddizioni non si può non parlare di Lucania.

Questa terra orgogliosa custodisce gelosamente le proprie caratteristiche e le offre solo a chi ha l’animo giusto per coglierne l’intima essenza.

Quante volte sono stato sulle Dolomiti Lucane.

Lo sguardo, fin dalla valle del Basento, viene attratto da quelle guglie improvvise che tagliano il cielo e ti rimandano a luoghi lontani, ad antiche leggende, a masciare e briganti.

Ho avuto voglia, una forte voglia (quasi un bisogno), di ritornare a respirare l’aria magica di Pietrapertosa, Castelmezzano ed Accettura.

Il calendario ha offerto una grande occasione di tre giorni di cui l’ultimo coincidente con la  Pentecoste.

Questa ricorrenza, in queste terre, non ha un significato solo religioso ma è anche la data (fissata da secoli) del matrimonio degli alberi : il Maggio di Accettura.

… ma ….una cosa per volta !

Venerdì le previsioni del tempo allertavano per una sonora scaricata d’acqua nel pomeriggio inoltrato; il mio programma prevedeva un rientro in tempo utile.

E così non è stato.

A causa del traffico presente sul sentiero delle sette pietre ho ritenuto opportuno variare il percorso.

Dalla fiumara ai piedi dei due paesi ho immaginato un itinerario che con modesta ma insistita pendenza, risale alla Tempa del Muto per usufruire di un tratto  di asfalto e poi arrivare in vetta a Monte Tavernaro.

Il profumo delle ginestre ci ha accompagnato per tutta la salita. Una sensazione piacevole … fino all’avviso inconfondibile che l’acquazzone avrebbe anticipato i suoi tempi.

Una retromarcia improvvisa si è resa indispensabile e, immediatamente prima di scendere a rotta di collo lungo la sterrata, incontro Gelsomino Padula emblema del territorio di Castelmezzano e grande appassionato di natura e riti lucani. Rientrava dalla Santa Messa  alla Chiesetta della Madonna del Bosco. Una rapidissima chiacchierata fra due persone che non si incontravano da circa quindici anni e poi la saggia decisione di riprendere a camminare.

“Scusami Gelsomino, ma abbiamo una mezz’oretta di tempo e poi arriverà l’acqua. E’ giusto il tempo per arrivare alle auto”.

I nuvoloni neri sopra Pietrapertosa ci dicevano di alzare il passo.

Ci avevo preso in pieno, infatti mancava mezz’ora per le auto ma Giove Pluvio aveva deciso di regalarci un solo  quarto d’ora.

Nei quindici minuti successivi è venuto giù di tutto ! Grandine come nocciole, acqua con gli idranti e un freddo cane.

Una volta in auto avvertivo la necessità di strizzare gli indumenti…a cominciare dalle mutande ! Ma forse era meglio dirigersi in albergo.

Il Frantoio (a Pietrapertosa) non è cambiato per nulla. Purtroppo per la struttura, per fortuna per la cucina.

Già , la cucina. Io sarei a dieta ma Rachele, la proprietaria dell’albergo, mi ammonisce : “Qui non si fanno diete !”

Spero di sopravvivere !

Pietrapertosa è cresciuta molto negli ultimi anni. Non potendo essere stravolta nella sua struttura grazie al fatto di essere abbarbicata alle rocce, ha visto invece aumentare i B&B e i ristoranti. Un gran numero di volontari della Pro loco si da da fare per regolare il traffico, controllare i parcheggi e illustrare le bellezze del paese.

E’ facile intuire che questa improvvisa fama non è dovuta alle bellezze naturalistiche in cui è incastonata Pietrapertosa, ma all’invenzione del “Volo dell’Angelo” che attrae annualmente migliaia di visitatori.

Non è il caso di sindacare sull’opportunità o meno di trasformare in luna park questo angolo di favola, resta comunque il fatto che l’impatto non è devastante e che il Comune ne ha giovato.

Nonostante tutto ci sono cose che la modernità non riesce a mutare. Come dicevo prima; i tempi, le tradizioni, la semplicità.

Ho volutamente scattato alcune foto in bianco e nero affinchè si avesse il dubbio di come collocarle temporalmente. Scattate nel giugno 2017 ma potrebbe anche essere il 1917…

Bisogna entrare nello spirito di questa gente e non è assolutamente facile.

Le risposte approssimative dei proprietari dell’albergo potrebbero suscitare disapprovazione.

Ma come, dove sono obiettivi, efficienza e redditività ?  Tutto ciò, per un “cittadino”, è inconcepibile !

“Chi se ne fotte” questo è il giusto atteggiamento dei pietrapertosani.

La strada è stretta e a doppio senso; incocci uno che si ferma a centro strada e chiacchiera amabilmente con il cugino, la zia e Dio sa con chi altro.

Il cittadino che è in me vorrebbe uscire furioso dall’auto e cantarne quattro. Faccio fatica a trattenermi, cerco di capire ed immedesimarmi.

“Chi se ne fotte” è la filosofia del mio dirimpettaio. Ma non è una affermazione malefica o strafottente.

E’ solo un modo di vivere.

“Che fretta hai ? Sei a Pietrapertosa, amico ! Goditi questo posto !”

E così che capisci che chi sbaglia sei tu.

Senti la necessità di correre senza renderti conto del dove e del perchè ?

Riprenditi i tuoi tempi, apprezza questi profumi, guardati intorno !

E così inizi a muoverti anche tu “in bianco e nero”.

Sabato ci spostiamo nella zona di Gallipoli Cognato per affrontare un percorso di grande soddisfazione.

Da Caserma Palazzo prendiamo un sentiero fangoso che in discesa si immerge in un fitto bosco.

In poco tempo eccoci al Torrente Scannacapre.  Quella di fronte (se tanto mi da tanto) si dovrebbe chiamare salita Scannaescursionisti. Comunque la mia dieta inizia a funzionare e venti chili in meno si sentono tutti !

Una volta in cresta Emilio mi dice che avremmo dovuto girare a destra. Così dice la sua traccia sul cellulare !

E invece ce ne andiamo a sinistra ! Perchè so che è più bello ! E chiacchiere non ce ne vogliono.

Inizia quasi subito un ripido saliscendi sul crinale di Costa La Rossa seguendo l’istinto (visto che sentieri non se ne vedono e che GPS, carta e bussola servono a poco).

Pur sapendo che era la direzione giusta, si apprezza quella sconfinata voglia di perdersi.

Bosco, rocce, salita, discesa e poi … ancora !  E ancora !

Gambe e polmoni vanno a mille perchè grande è la soddisfazione per vista, udito, olfatto e cuore !

Dispiace capire che questa orgia di sensazioni sta per finire !

Sulla sterrata del Bosco Bellonia veniamo pizzicati dall’immancabile scaricata d’acqua, che comunque oggi sembra più benevola.

Ci aspetta una serata di tutto riposo, perchè domani….!

Sveglia e colazione prestissimo.

La messa in località San Nicola dovrebbe iniziare alle 7,00. Ovviamente, come anche noi, è in ritardo .

Un popolo di formiche silenziose riempie il pianoro ascoltando le parole di don Giuseppe.

Un silenzio religioso (non potrebbe essere diversamente) che ha però il sapore dell’attesa di qualcosa.

Quel qualcosa esplode subito dopo le parole di Zio Rocco a cui il sacerdote ha ceduto il microfono al termine della funzione.

Zio Rocco comunica la zona prescelta per l’espianto della cima.

Un boato sconvolge il silenzio del bosco.

La banda attacca un ritmo antico,

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guidata dai rintocchi del tamburo.

Quella gente silenziosa si trasforma in un popolo impazzito che urla e assale i furgoni parcheggiati lungo la strada. Il vino, protagonista indiscusso della giornata ( San Giuliano non ce ne voglia), scorre improvvisamente a fiumi. Onestamente, qualcosa mi dice che non era il primo !

La carovana senza regole si trasferisce qualche chilometro più in là. Proprio di fronte alla Caserma Palazzo.

Panini, focacce, salsicce…e ovviamente vino, vino e vino ! Ah, dimenticavo: anche il vino!

Magliette bianche oramai irrimediabilmente chiazzate di rosso.

Qualcuno inizia a strapparsele di dosso.

Dopo questa scena che certamente il sommo padre Dante avrà immaginato in non so quale girone, il popolo si dirige (ad un preciso segnale) lì dove sarebbe iniziato il cammino  per il taglio della cima.

La “cima” è un agrifoglio di svariati metri di altezza che verrà tagliato per essere unito in matrimonio al “maggio” , un cerro gigantesco, espiantato dal bosco di Montepiano.

La grande rivalità tra maggiaioli e cimaioli è palpabile ma si concluderà al momento dell’incontro in paese.

La “cima” quest’anno verrà prelevata da un bosco sulla strada per Oliveto Lucano. Mentre ci avvicinavamo al luogo, pensavo allo sforzo enorme che avrebbero dovuto fare i portatori lungo questo sentiero fangoso che, al rientro, sarà ancora più impegnativo perchè in ripida salita.

La devozione, la tradizione, la follia e… il vino, rendono possibile una fatica del genere.

Non voglio raccontare i dettagli di questo evento. Non ne sarei in grado e sarei certamente ingeneroso per non riuscire a ricreare quell’atmosfera magica alimentata dall’alcool e dai ritmi forsennati che la Bassa Banda fa rimbombare nel silenzio del bosco.

E qui forse vengono fuori le contraddizioni di questo popolo.

Si passa dal silenzio, dalla semplicità, dai ritmi lenti, dal “chi se ne fotte” ad un rito schizofrenico, esplosivo, irrazionale forse atteso per un intero anno.

Sei talmente preso da questa frenesia che, dopo un po’, ti senti uno di loro.

Solo la dieta e il senso di responsabilità (avrei dovuto guidare l’auto per rientrare a casa) mi hanno tenuto lontano dalle botticelle di vino. Maledetta razionalità del cittadino !

La giornata non sarebbe stata completa se non avessimo fatto visita anche al “maggio”.

Questo possente cerro era trainato da un numero imprecisato di enormi buoi. Lo abbiamo intercettato a pochi chilometri da Accettura mentre bipedi e quadrupedi si riposavano all’ombra consumando ognuno ilo proprio pasto.

Certamente non erano i buoi a mangiare tonnellate di sformati, pizze, focacce, paste al forno, salumi etc.etc.

E non provate a rifiutare se ve ne offrono ! Quello sì che sarebbe un peccato mortale !

I ritmi qui, al “maggio”, ritornano lenti. Anche la Banda è più moderata nella scelta musicale.

Uno zampognaro crea un ambiente particolare, antico e semplice.

I maggiaioli controllano le loro bestie a cui tocca, per solo questo giorno nel corso dell’anno, lavorare !

E’ vero, i ritmi non sono frenetici come per la “cima” ma vivi ugualmente un momento particolare che ti porta lontano da  guerre, violenze, speculazioni, scempi ambientali…

Faccio fatica ad usare questi termini dopo aver scritto di questa esperienza ma credo che i contrasti forti come questo servano per capire meglio le cose.

Respiri un’aria diversa, particolare.

Se ci pensi un po’ e chiudi gli occhi un secondo, capisci il vero significato della parola “pace”.

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